Riflessioni di Gianmarco Gualandi
Fare il musicista richiede studio, applicazione, pratica e un continuo aggiornamento culturale e tecnologico. In Italia però da sempre la categoria dei musicisti (e degli artisti in genere) trova ben poca attenzione da parte del legislatore. Norme burocratiche invasive e controproducenti, un inquadramento lavorativo fumoso e oneri fiscali oppressivi e mutuati da altre figure professionali costringono i musicisti ad un vero e proprio percorso ad ostacoli per potere svolgere il proprio “mestiere” sempre in bilico tra legalità e illegalità. Nessuna garanzia, nessuna tutela, nessun sindacato o associazione su cui fare affidamento, nessuna cassa previdenziale di categoria come hanno altre figure professionali, ma solo l’applicazione di norme elaborate nei lontani anni ’60, quando la società era completamente diversa. Un’ignoranza colpevole da parte della classe politica di un paese che con il canto gregoriano ha dato origine a tutta la musica occidentale. Un paese in cui Guido d’Arezzo, 1000 anni fa, ha inventato la notazione musicale, in cui è nato il melodramma e che viene normalmente definito “patria del bel canto”.
Invece in Italia oggi per chi non è una star o non insegna in una struttura statale o non percepisce buoni proventi dalla SIAE, la realtà si può riassumere in una battuta che circola tra gli addetti ai lavori e che definisce il musicista come colui che carica una strumentazione da 50.000 euro su un auto che ne vale 5.000 e fa 500 Km per esibirsi per 50 euro …. In questo periodo in cui tutto il lavoro autonomo soffre e in cui ogni attività musicale è sospesa, decine di migliaia di musicisti, fonici, ingegneri del suono, disc jockey, ecc. si trovano totalmente disoccupati e guardano con giustificata preoccupazione al futuro anche perché in nessuna agenda politica questa situazione è all’ordine del giorno. È indispensabile che anche la categoria dei musicisti venga inserita tra quelle che lo Stato deve aiutare economicamente tenendo conto delle peculiarità di questa professione in cui spesso si è costretti a scegliere tra pagare le tasse o mangiare. Nel periodo che stiamo vivendo ricordiamoci che, senza musica così come senza cinema o senza teatro o qualsiasi forma di spettacolo, la clausura forzata a cui siamo sottoposti sarebbe ancora più insopportabile.