Il campo largo non funziona, troppe differenze al suo interno

fonte: intervista (integrale) a Il Corriere della Sera – Bologna, 7 gennaio 2022 e ripubblicato con foto sul sito www.luigimarattin.it

– Ultimamente nella politica bolognese è sorto il dibattito su quale sia la casa dei riformisti, se dentro o fuori da Pd. Italia Viva ambisce a questo ruolo?

Italia Viva ha come ragione sociale la costruzione di un’offerta politica che eviti ai cittadini (anche bolognesi) di dover necessariamente scegliere tra il sovranismo di destra e, sul fronte opposto, una proposta politica egemonizzata dal populismo e conservatorismo sindacale. Le consideriamo entrambe posizioni politiche legittime ma non adeguate a portare l’Italia a essere padrona del proprio futuro nel mondo globalizzato. Per noi la globalizzazione non è né un mostro da combattere (come lo è per i sovranisti) né una minaccia da cui proteggersi (come per la sinistra conservatrice), ma è un’opportunità da governare per allargare le opportunità di tutti. Italia Viva è piccola, ma ha grandi potenzialità di crescita e di aggregazione; lo dimostra una classe dirigente motivata e capace, a partire dai due coordinatori regionali Stefano Mazzetti e Giorgia Bellucci e da quelli bolognesi. Nei prossimi mesi lavoreremo per mettere insieme, con pari dignità, le sensibilità liberal-democratiche

– Cosa ne pensa della lettera di Isabella Conti, con la quale la sindaca ha da poco riaffermato la sua piena fiducia nei dem? Sbaglia a fidarsi delle Agorà del Pd?

Lo schema di gioco del Pd è chiaro, ed è lo stesso del 1996 e del 2006. Riunire nello stesso “campo largo” chiunque si schieri contro l’avversario di turno: in quelle due occasioni era Berlusconi, ora Salvini e Meloni. Ma quelle due esperienze storiche dovrebbero aver insegnato che così magari al massimo si “vinciucchiano” le elezioni (nel 1996 solo perché la destra era divisa, e nel 2006 in realtà si pareggiarono). Ma non si riesce a governare più di qualche mese né tantomeno a realizzare il cambiamento di cui l’Italia ha bisogno. Perché dentro al campo largo ci sono opinioni radicalmente opposte. C’è chi vuole la patrimoniale, e chi vuole abbassare le tasse. Chi si occupa solo di redistribuzione, e chi vuole crescita e redistribuzione di opportunità. Chi vuole pagare di più gli insegnanti che si impegnano e chi rimanda al Ministero anche poche centinaia di euro se non sono divisi in parti uguali tra tutti. Chi difende il Jobs Act e chi lo vuole abolire. Chi vaneggia di “liberismo selvaggio” e chi vuole più concorrenza. Potrei continuare per ore. La verità è che dentro al “campo largo” ci sono due approcci culturali – quello socialista e quello liberale – ormai radicalmente diversi. È un’illusione pensare che possano stare insieme sotto l’egida vuota e rassicurante della parola “unità”, un simulacro sotto il quale – specie in Emilia Romagna – si sono in realtà consumate lacerazioni memorabili.

– Secondo lei con questo scambio di lettere sui giornali per Isabella Conti si prepara un’uscita da Iv e un ritorno fra le fila dei dem?

Isabella è una giovane sindaca capace e molto determinata, personalmente la stimo moltissimo. Proprio per questo, non mi permetto né di darle consigli né di prefigurare le sue legittime scelte. Farà ciò che ritiene più opportuno. Quel che è importante è che comunque vada sarà una risorsa fondamentale per questa città e per questa regione.

– Ad accendere il dibattito era stato Mauro Felicori. Lepore, in risposta a quanto detto dall’assessore regionale indipendente, ma in quota Iv, ha ribadito che Pd e riformisti sono un’unica cosa e che il bolognese è in stato di grazia. Per lui il discorso di Felicori è “vecchio”. Cosa risponderebbe al sindaco? 

A me il discorso di Mauro tutto è sembrato fuorché vecchio. Ha posto con coraggio un tema che molti di noi pongono da un paio di decenni. È possibile, qui in Emilia-Romagna dove per tanto tempo si sono contrapposti gli estremismi, costruire una proposta politica autenticamente riformista e liberale? Che non scatti sull’attenti ogni volta che parlano i sindacati ma che rifiuti con energia la grettezza che ha spesso contraddistinto la destra locale? Coinvolgendo e rendendo protagonisti non solo quelli che hanno una “affidabilità” garantita dalla militanza fino alla terza generazione? Come lui, io credo sia possibile. Anzi, credo che solo così l’Emilia Romagna possa continuare ad avere anche in futuro il ruolo di leadership economica e sociale che ha sempre avuto in passato e che, per ora, mantiene.

– Felicori ha elencato i motivi per cui il Pd non può più aspirare a essere il partito dei riformisti liberali, dove conterebbero soltanto le carriere di chi ci sta dentro. Cosa pensa del pd bolognese? Quelle di Lepore sono state ‘epurazioni’ come è stato detto?

Sarebbe un gesto di enorme arroganza da parte mia commentare le dinamiche di un partito a cui non appartengo da più di due anni, e in una città che adoro (insegno qui da tanti anni) ma alla cui vita politica non ho mai partecipato. Posso solo dire che mi è dispiaciuto leggere che il sindaco abbia invitato Francesco Critelli a “ripassare i manuali di scienza politica”. Per come conosco Francesco da questi anni in Parlamento, non penso abbia bisogno di lezioni da nessuno. E poi mi pare abbia posto un problema reale, quando ha evidenziato che sulle grandi scelte infrastrutturali il “campo largo” ha al proprio interno opinioni radicalmente diverse. Come su energia, sicurezza e molto altro ancora. Per decenni si è pensato che evocare l’unità contro la destra servisse a mascherare le differenze. Io penso che nel mondo post-Covid, dove saranno necessarie scelte forti e coraggiose per impedire il declino irreversibile, questo non sia più vero. Né a Bologna, né nel resto d’Italia.

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