Ginevra – Se fino a pochi giorni fa l’Oms dichiarava che il coronavirus non era un’emergenza globale, il 30 gennaio è tornata sui suoi passi è ha affermato: “che siamo di fronte a una emergenza di salute pubblica di interesse internazionale (PHEIC, Public Health Emergency of International Concern). È un evento straordinario che costituisce un rischio per la salute pubblica per altri Stati attraverso la diffusione internazionale delle malattie e che richiede potenzialmente una risposta internazionale coordinata”. Questa situazione viene definita dall’Oms “seria, improvvisa, insolita o inaspettata”, e “comporta implicazioni per la salute pubblica oltre il confine nazionale dello Stato interessato” e che “potrebbe richiedere un’azione internazionale immediata”.
L’ emergenza globale non è un evento così eccezionale. Dopo la Sars, dal 2005, è già la sesta occasione in cui viene presa una decisione analoga: nel 2009 con la cosiddetta influenza suina H1N1, nel 2014 con la poliomielite, nel 2014, nel 2015 con Zika e nel 2019 con ebola.
La decisione è stata presa perché è aumentato il numero di commissari favorevoli alla decisione. Ad aver fatto cambiare idea ad alcuni commissari, e al direttore generale Tedros Adhanom, è stato sia l’aumento dei casi, sia nel numero di Paesi coinvolti dall’infezione. Visti i progressi scientifici fatti nelle ultime settimane, secondo la commissione “è ancora possibile interrompere la diffusione del virus“. Essenziale, in questo senso, è la messa a punto di sistemi per la diagnosi precoce, l’isolamento delle persone infette e l’educazione della popolazione al rispetto delle norme igieniche essenziali.