LA PROFESSIONISTA DELLA DISINFORMAZIONE: LA IENA REI ?

di Simona Fierro in collaborazione con Gianmarco Landi

La iena Roberta Rei fa sapere ai ‘complottisti’ che, dopo le polemiche sorte sui loro profili social per il servizio mandato in onda il 21 ottobre 2020, la donna intervistata dagli Stati Uniti, si chiamerebbe Brianna Wu e non è da confondere con un italiana di nome Laura Dotto Rosso. Le due si assomigliano molto ma sarebbero due persone differenti. Una donna sarebbe statunitense, con una sua storia pubblica che vi racconteremo di seguito, mentre l’altra sarebbe una ragazza italiana che partecipò ad una bizzarra puntata di Forum. Il tutto per le Iene potrebbe essere chiarito anche alla luce di un video postato sul loro sito in cui Laura Dotto Rosso afferma di non esser la stessa persona intervistata nel servizio delle Iene. La polemica si potrebbe concludere qui, certo, pur rimanendo in molti di noi molto più di un dubbio su chi le Iene sostengano ci abbiano fatto vedere, se non fosse che la linea editoriale assunta da questa trasmissione di professionisti dell’informazione inciampi su tanti errori di valutazione, ancora più gravi ed imbarazzanti del supposto ricalco di interpretazione sceneggiata alla Forum. In questo articolo vederemo chi è questa Brianna Wu, e per le Iene sarà comunque come cadere dalla padella nella brace.

Credo sia a tutti chiaro l’intento delle Iene di rimarcare quanto i QAnon siano pericolosi, e ci aspettiamo un seguito del loro servizio pronto a creare altre storielline fantastiche e suggestive! Lasciamo fare alla nostra iena Rei, sicuramente attraente come una tronista di Maria De Filippi, tuttavia la continueremo a tirare per le orecchie, così come ci accingiamo a fare nel seguito, in scia all’articolo di Notizie dal Parlamento della scorsa settimana. A nostro avviso c’è tanto altro da mostrare, molto, ma molto interessante nel senso di denunciare la superficialità, o la malafede, di un certo modo di fare giornalismo ‘professionista’. Cercheremo di approfondire chi sia la persona che tanto ci ha colpito nell’intervista rilasciata a Roberta Rei, alla quale sono sfuggiti aspetti fondamentali, che umilmente evidenziamo e rimettiamo al giudizio dei lettori.

Chi porta avanti un giornalismo investigativo avrebbe dovuto mettere in risalto da subito chi sia questa Brianna Wu, prima di fare uno psicodramma alla stregua di Pamela Prati caduta vittima, o co-artefice, della truffa Mark Caltagirone. La seconda cosa importante che ci disgusta, è che la iena Rei, postulato si sia ben documentata, avrebbe l’adempimento deontologico di fornirci un resoconto pubblico per ovviare alla situazione di flagrante malafede del servizio TV contro i QAnon, dopo che per giunta avremo acclarato cosa ci sia dietro a questa Brianna Wu. Chi sarebbero le altre persone da lei intervistate?

Il servizio delle iene si è voluto soffermare sugli insulti pesanti ricevuti da Brianna Wu, e lo ha fatto con l’intento di voler screditare i QAnon, i sostenitori più accesi di Trump. Sullo stesso loro sito e sui vari social dei profili Iene, nel testo introduttivo al video del loro servizio, ritroviamo la frase della minaccia subita da Brianna Wu: “Taglierò il piccolo pene asiatico di tuo marito e ti stuprerò con esso finché non sanguini”. Ci chiediamo se alle Iene siano proprio sicuri che quelle minacce prevedano il coinvolgimento di seguaci pericolosi di QAnon, poichè Briana Wu è diventata famosa in America per altre vicende che riguardano ambiti distanti anni luce dai repubblicani e da Trump.

Da una semplice ricerca su Wikipedia Stati Uniti, che tutti possono fare, scopriamo che Brianna Wu è una persona di un certo rilievo particolare sia in campo politico, sia lavorativo. La donna è un imprenditrice che realizza giochi online, ed è una persona che di tecnologie informatiche e web se ne intende parecchio. A leggere le sue storie si capisce che è una donna di polso, abituata a guidare persone e a comandare aziende. Se fossimo stati noi la redazione delle Iene, all’atto di contattarla per l’intervista, due domandine banali l’avremmo fatte prima di ‘buttarla’ su Italia 1 in veste di vittima dei sostenitori di Trump. Le avremmo chiesto: i due server di 4chan e 8chan, lei li ha usati solo per sviluppare i suoi giochi online collegandoli alle questioni politiche, o per altro? Visto che Lei è pubblicamente una militante dei democratici, peraltro dell’area Radical, perché frequentava e aderiva in rete a questi ambiti di presunti ‘estremisti repubblicani’ di cui asserisce essere vittima?

Brianna Wu scopriamo essere la responsabile dello sviluppo per il gioco della sua importante compagnia, la Giant Spacekat Revolution 60. In più scopriamo che la donna ha preso parte attiva alla vita politica, candidandosi finanche alle elezioni americane nel corso delle Primarie Democratiche del 2018, per il seggio al Congresso nell’area di Boston, uno stato di solidissima tradizione blu democratica, in cui senza appoggi finanziari e politica si può fare molto poco, essendo una comunità traboccante di dollari. Per avere idea di dove questa donna viva, sappiate che in Massachusetts al senato stravince la senatrice Elizabeth Warren, valchiria di George Soros, con lo stacco di percentuale più alto di qualsiasi collegio senatoriale USA, ma lo Stato è governato dal repubblicano Baker, eletto con percentuali altrettanto ‘bulgare’ ed ovviamente uomo di riferimento, dopo la morte di Mc Cain, per l’opposizione a Trump interna ai repubblicani nazionali. Inoltre scopriamo che l’attività politica pubblica di Brianna Wu si è concentrata in parte sui diritti alla privacy e in parte sulle molestie online, essendo lei una specie di militante Femen americana. Durante la sua candidatura del 2018, sfidò Stephen F. Lynch, e sia con un Twitter, sia nel corso di una intervista radiofonica, dichiarò che Lynch non rappresentava sufficientemente i Democratici, troppo moderati secondo il suo punto di vista radicale. Wu perse alle primarie democratiche contro Lynch tenutesi il 4 settembre 2018, ottenendo un significativo 23% contro i voti di Lynch che raggiunsero il 71%, il 6% andò a tanti altri. Le idee politiche e tecnologiche di questa donna sono però assai importanti ed improntate su questioni di rilievo mondiale, tanto che sono a fondamento della proposta della senatrice Elizabeth Warren di smantellare le gigantesche società dei nuovi media come Apple, Facebook e Google, e perciò i lettori più smaliziati avranno capito che quando si parla di Brianna Wu si tratta uno degli strumenti umani nella longa manus di Soros, per lo scopo di ammansire i colossi del Web e costringerli a farli obbedire ai vertici della Piramide della Globalizzazione, come in effetti ora fanno. I sottoscritti sono due perseguitati da Facebook per le loro opinioni, quindi possono testimoniare concretamente quanto sia importante intimorire i giganti del web per allestire una ben organizzata politica antidemocratica globale, ‘bastonando’ a suon di censure e blocchi temporanei i rivoltosi rispetto al Nuovo World Order. Brianna Wu, inoltre, appoggia il Green New Deal, con energie rinnovabili da raggiungere entro il 2035, ed essendo pure una femminista sfegatata è perciò in perfetta sintonia con l’agenda dei radical chic tanto odiata dagli QAnnon. Come faceva a trovarsi a far parte dei QAnon?

Quanto fin qui scritto basterebbe a sancire la situazione di non credibilità della Wu rispetto ad accuse di essere caduta nella rete dei sostenitori di Trump a cui precedentemente avrebbe dato credito, ma in realtà andando molto più a fondo scopriamo che è molto più grave e sproloquiante il servizio delle Iene di Roberta Rei. Purtroppo per Lei, in Italia non siamo diventati come in Cina, e molti di noi italiani sono abituati a pensare in proprio di fronte a notizie ufficiali a cura dei professionisti della informazione.

La iena Rei dice velocemente e confusamente delle cose nel suo servizio, che non hanno alcun senso se non quello di gettare fango un tanto al chilo su Trump, Salvini e i loro sostenitori. Cita solo i due server, 4chan e 8chan, a voler sottolineare la nascita del movimento di QAnon su quei due canali ma in realtà è importante capire di più approfondendo il caso Gamergate, se si vuole considerare le offese effettivamente ricevute da Brianna Wu, che però, come capirete, con Q, Trump e le elezioni 2020 non c’entrano assolutamente nulla.

Zoe Quinn, collega di Brianna Wu e compagna di avventura nella scandalosa vicenda Gamergate.

La vicenda Gamergate ci è stata spiegata da un articolo di La Stampa del 29 ottobre 2014, da Alessandra Contin, che ce la raccontò cosi:

” Una lite tra ex fidanzati diventa l’occasione per alzare il velo sul mondo della stampa che si occupa di videogiochi. Tra accuse di sessismo e misoginia… sesso, bugie, stampa videoludica corrotta e misoginia. Una brutta storia che si può riassumere in una sola parola, anzi un hashtag: #GamerGate. Non ha avuto inizio su Twitter, ma nel mondo del social network è deflagrata.”

La storia è questa, e poiché lambisce anche il mondo di certi giovani professionisti dell’informazione, sempre più corrotti, è bene soffermarsi:

Zoe Quinn, sviluppatrice indipendente di videogiochi, viene accusata dal suo ex fidanzato, Eron Gjoni, di aver sedotto il giornalista videoludico Nathan Grayson. Lo avrebbe fatto per assicurarsi fantasmagoriche recensioni al suo titolo “Depression Quest”, uscito sulla piattaforma Steam. In breve quello che all’inizio è denominato #QuinnsGate diventa un virulento caso che divide videogiocatori e addetti ai lavori sui social network, arrivando a risvegliare persino l’interesse dell’assopita ESA, The Entertainment Software Association.
Le dichiarazioni dell’ex fidanzato rancoroso arrivano dopo una lunga campagna denigratoria ai danni della Quinn e del suo gioco, condotta dai membri del forum Wizardchan. Signori che si autodefiniscono “maschi vergini” e che affermano, senza pudore, che una donna non possa e non debba parlare di depressione. I “maschi vergini”, con evidenti idiosincrasie di genere, non solo si scagliano contro il lavoro di Zoe, ma pubblicano anche i suoi dati personali in rete. Tutte bugie. Dopo un percorso travagliato, “Depression Quest” approda su Steam, subito Zoe Quinn viene accusata di sfruttare il suicidio per depressione dell’attore Robin Williams a fini pubblicitari, pochi giorni dopo arrivano le pruriginose rivelazioni di Eron Gjon. Istantaneamente in rete appaiano squallidi materiali sul presunto #QuinnsGate, con abbondante pornografia pecoreccia fatta in casa, tutto condito dagli immancabili dati personali della ragazza.

La Stampa corrotta americana va a nozze. I diversamente senzienti, con accumulo di rabbia pregressa, trovano humus fertile nei social network.
Non disponendo di fatti oggettivi su “sesso in cambio di recensioni”, smascherate le bugie, per sviare le crescenti accuse di misoginia, la folta orda di “videogiocatori” che ha imbastito il #GamerGate, si inventa un nuovo scandalo, o se volete sordido complotto, denominato GameJournoPros. GameJournoPros è una mailing list creata dai giornalisti di settore per discussioni professionali, a volte usata da membri della stampa non specializzata per chiedere consigli ed evitare, aggiungeremmo, titoli strillati sul genere: “Trucida la nonna dopo aver giocato per ventiquattro ore al Ladro di Macchine”.

Anita Sarkeesian, fondatrice dell’associazione Feminist Frequency, è una studiosa tornata alla ribalta nel #GamerGate per essersi schierata con Zoe Quinn e con la nostra Briana Wu, che dal 2014 acquisì notorietà pubblica. La Sarkeesian è anche responsabile del progetto “Tropes vs. Women in Video Games”, una serie di video che rilevano gli stereotipi sessisti usati per rappresentare l’archetipo femminile nei videogiochi.

Il panorama emerso dal #GamerGate è desolante, un sottobosco di rancori e odio di genere, più che altri di impeto femminile contro il mondo maschile, anche se alcune pantomime avevano tentato di dare ad intendere il contrario. La vicenda Gamergate è all’insegna del disprezzo cieco, assolutamente sterile perché non genera confronto ma solo scontro, cioè quel paradigma che il mentore di Hillary e Obama, Saul Alinsky, riteneva necessario al conseguimento dei cambiamenti radicali in una società. Bisogna però dire che effettivamente nell’ottobre 2014, Wu aveva pubblicato diversi tweet sui sostenitori di Gamergate, ridicolizzandoli per “combattere un futuro apocalittico in cui le donne sono l’8% dei programmatori e non il 3%, e mentre monitorava il pro-Gamergate di 8chan chanboard, utenti anonimi hanno pubblicato informazioni personali sensibili su di lei, incluso almeno un post contenente il suo indirizzo. Successivamente, Wu iniziò a ricevere molteplici e specifiche minacce di stupro e morte, incluso il suo indirizzo, che indussero Wu a fuggire dalla sua casa. Queste minacce, sicuramente fuori luogo e gravi, sono state ampiamente attribuite ai sostenitori di Gamergate. A dicembre 2014, Wu ha pure detto di aver ricevuto e-mail che contenevano immagini di cani mutilati da persone che si erano identificate come sostenitori di Gamergate, in seguito alla recente morte del suo cane.
Insieme ad Anita Sarkeesian e Zoë Quinn, Wu è stato uno degli obiettivi delle molestie dei Gamergate. Nel febbraio 2015, la Nostra ha detto però con gioia: “attaccandomi in modo così brutale, mi stanno aiutando a darmi la visibilità e sostegni per inaugurare una industria dei giochi di cui loro sono terrorizzati.” Wu ha poi avviato un fondo di difesa legale per le donne prese di mira da Gamergate, e si è messa a far politica. Alla fine del 2014, la famiglia Wu offriva anche una ricompensa in denaro per le informazioni che portavano al perseguimento di coloro che avevano inviato minacce di morte. A febbraio 2015 ha detto che trascorreva un’intera giornata alla settimana a contattare le forze dell’ordine e che stava partecipando a eventi negli Stati Uniti solo con un dettaglio di sicurezza. Nel marzo 2015, ha affermato di aver ricevuto 48 minacce di morte durante i sei mesi precedenti. A maggio 2019, lei e suo marito vivevano ancora sotto pseudonimi.
All’inizio del 2017, il Federal Bureau of Investigation (FBI) ha chiuso le indagini sulla questione. L’FBI ha identificato quattro uomini che hanno inviato minacce e ottenuto confessioni da due di loro, uno dei quali ha affermato di aver inviato la minaccia come uno “scherzo” ma “ha capito che era un crimine federale inviare una comunicazione minacciosa a qualcuno e non lo farà mai fallo ancora”. Il procuratore degli Stati Uniti per il distretto del Massachusetts ha rifiutato di perseguire, senza fornire una ragione specifica. Reagendo al rapporto, Wu ha dichiarato che l’FBI non si curava delle indagini e che era “livida”. Sulla scia della sparatoria alla sinagoga di Poway del 2019, tuttavia, ha affermato che l’FBI ha bisogno di agenti dedicati che comprendano la cultura online (8chan in particolare).

Dopo avervi riportato quanto ci è stato raccontato, anche dalla stampa italiana, su chi in realtà abbia fatto minacce a Brianna Wu e ad altre sviluppatrici di giochi on line, dovete aver compreso che semmai si è trattato dei sostenitori di Gamergate in un’epoca presistente anche alla candidatura di Trump, e perciò che non ha alcuna attinenza con i QAnon.

Brianna Wu, imprenditrice milionaria nel settore giochi on line, militante democratica di area Radical, estremista femminista e ambientalista, collaboratrice della senatrice Elizabeth Warren, amica di George Soros e dal magnate finanziata per decenni. E’ stata intervistata dalla iena Roberta Rei per racontare il Movimento dei Patrioti americani Q di cui non fa parte e con cui non ha avuto rapporti credibili.

Ricapitoliamo i punti per ribadire e chiarire ancora meglio:

1) Nel 2013, Zoë Quinn, sviluppatrice di videogiochi indipendenti, pubblicò Depression Quest, un gioco testuale progettato per trasmettere l’esperienza della depressione attraverso una serie di scenari fittizi, basati in parte sull’esperienza personale di Quinn con la malattia.

2) Il gioco ricevette recensioni positive da parte della critica ma ebbe pareri negativi online da parte di giocatori a cui non piaceva il suo allontanamento dai tipici formati di gioco e che si opponevano alle intrusioni “politiche” nella cultura dei videogame.

3) Quinn divenne per molti mesi oggetto di molestie, tra cui minacce di stupro e di morte. Quinn documentò le molestie ricevute e ne parlò apertamente ai media, ma ciò intensificò le molestie e le minacce mosse nei suoi confronti, tanto da arrivare alla pubblicazione online del suo indirizzo di casa e del suo numero di telefono. Ciò costrinse la donna a fuggire di casa per la propria sicurezza e rifugiarsi a casa di alcuni amici.

4) Dagli inizi di agosto 2014 numerose donne coinvolte nell’industria videoludica, come le sviluppatrici Zoë Quinn e Brianna Wu e la critica culturale Anita Sarkeesian, furono oggetto di molestie. Dopo che un ex fidanzato di Quinn pubblicò un lungo articolo denigratorio nei confronti della donna sul proprio blog personale, altre persone la accusarono di avere iniziato una relazione con un giornalista in cambio di copertura mediatica e le inviarono minacce di aggressione e di morte.

5) Tutti coloro che approvavano l’articolo dell’ex fidanzato e che diffondevano queste accuse contro Quinn si organizzarono sotto l’hashtag #Gamergate e, oltre a ciò, crearono canali IRC e si organizzarono su altre piattaforme di condivisione come Reddit, 4chan e 8chan.

6) Molti sostenitori della campagna erano anonimi e la stessa campagna non aveva un capo, un portavoce o un manifesto ufficiale. Tutte le dichiarazioni affermanti di essere rappresentanti del Gamergate sono risultate inconsistenti e contraddittorie, rendendo difficile per gli osservatori identificare i reali obiettivi e motivi della campagna. Di conseguenza il Gamergate ha poi iniziato a definire le molestie che i suoi sostenitori hanno perpetrato.

7) Alcuni sostenitori del Gamergate hanno tentato di dissociarsi dalle accuse di misoginia e molestie, ma i loro tentativi sono stati spesso respinti come non sinceri e autoreferenziali.

8) La controversia è stata descritta come la manifestazione di una guerra culturale contro la diversificazione culturale, il riconoscimento artistico e la critica sociale dei videogiochi e dell’identità sociale dei giocatori.

9) Molti sostenitori del Gamergate si oppongono a ciò che essi considerano la crescente influenza del femminismo nella cultura dei videogiochi. Di conseguenza il Gamergate è spesso visto come una reazione della destra contro il progressismo. 

10) I sostenitori della campagna affermano di percepire collusioni tra la stampa e le femministe, i progressisti e critici sociali. Queste accuse sono state scartate dai commentatori come banali, al pari di teorie del complotto, infondate o estranee a reali questioni di etica. Tali preoccupazioni hanno portato gli utenti dell’hashtag a lanciare campagne di posta elettronica mirate contro le imprese che pubblicavano pubblicità sui lavori che disapprovano e chiedendo loro di ritirarle.

In conclusione, ci chiediamo cosa c’entrino le minacce che ha subito Brianna Wu dai sostenitori del GamerGate prima ancora che Trump si candidasse nel 2016? Perché con la sua intervista la iena Rei, ha voluto marcare la pericolosità del fenomeno dei Qanon tirando in ballo Trump, Salvini e i loro sostenitori con la controversa vicenda Gamergate?

Roberta Rei, tu che sei una professionista, ce lo puoi spiegare? E se non tu, chi di Italia 1 potrà chiarire i motivi di questa pesante disinformazione ai danni di Donald Trump?

SEGUONO FONTI CITATE:

https://en.wikipedia.org/wiki/Brianna_Wu
https://it.m.wikipedia.org/wiki/Gamergate
https://www.lastampa.it/tecnologia/2014/10/29/news/sesso-bugie-e-videogame-che-cos-e-gamergate-1.35607295/amp/?fbclid=IwAR0C0yiX9mU64KQPfNH0Ar-ahk7hPyyka7VWIufSwE480pO2KW6PL36ELng

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